Perché è importante il tema della visualizzazione in architettura?
Articolo di Luca Pedrielli
Perché è importante il tema della visualizzazione in architettura? Perché è importante fornire al cliente, o a un qualsiasi spettatore, una buona presentazione dell’opera architettonica?
Ore e ore passate davanti a uno schermo per curare aspetti (apparentemente) irrilevanti al fine della pura realizzabilità del progetto, puro astrattismo, materiale effimero sfruttabile un paio d’ore o pochi minuti, se non addirittura ignorato…il gioco vale la candela? Io credo di si.
Io sono l’ingegnere Luca Pedrielli e le immagini che vedete sono solo alcune delle tante che ho prodotto per la discussione della mia tesi di laurea: applicazione della SKO (soft kill option) nella progettazione architettonica. Una tesi di ricerca e progettazione che mi ha visto impegnato per quasi un anno nell’ideazione e articolazione di un grattacielo a Shenzhen (Cina), dove sì, ho curato anche il tema della presentazione.
Ovviamente non intendo annoiarvi parlandovi di ottimizzazione topologica, relazione generativa tra spazi, gerarchizzazione dei subsistemi basata sull’isocondizione e cosi via, bensì vi parlerò del perché ho dato cosi importanza e risalto a questi aspetti così “artistici”. Quella parola che si sente in continuazione, in un qualsiasi studio che non tratti puramente di ingegneria: rendering. Una brutta parola anglofona che ha molteplici significati: interpretazione, rappresentazione, resa. Ossia, attraverso opportuni modellatori tridimensionali e tramite cosiddetti render engines , la possibilità di mostrare in anteprima ciò che il progetto sarà, o meglio, come dovrebbe essere! Uso il condizionale perché a volte, il margine di approssimazione che viene usato sempre più di frequente è piuttosto alto, tra virtuale e reale. Questa dicotomia è l’esclusiva del renderista, ossia ciò che definisce il suo modus operandi, il proprio modo di visualizzare ciò che ancora non esiste. Produco delle immagini più reali (fotorealismo) o più finte (non ho voglia di perdere più di 10 minuti su questa immagine, come viene viene!)?
Chiaramente la mia è pura provocazione, poiché ci sono eccellenti esempi di “finto voluto” molto ben fatti e curati, infatti l’arte della visualizzazione è un linguaggio che va scelto e fatto proprio, evolvendolo. E’ facile che in una fase di crescita si scelga di partire in un modo e arrivare in un altro, esplorando e provando continuamente. Personalmente preferisco la prima strada, ma attenzione, non esiste il senso unico, la tipologia di immagine che si vuol creare dipende soprattutto dall’obiettivo che questa ha: emozionale, promozionale, evocativo, tecnico, informativo ecc… E qui si è arrivati al punto iniziale: perché passare ore sulla produzione di questo materiale? perchè farlo bene? Semplice, un progetto, che sia un’idea embrionale o un prodotto finito, è materiale che io devo trasmettere dalla mia testa ad un’altra, è un pacchetto denso di informazioni che devo comunicare, devo convincere il cliente che ciò che è ho ideato è bello, coinvolgente e ben fatto, in altre parole devo vendere; non in senso strettamente commerciale, ma in termini di consenso, scatenare in chi ho davanti stupore ed interesse, ottenibile attraverso l’apprezzamento e la condivisione. Ovviamente se un progetto è sbagliato o un’idea è profondamente non condivisa, è chiaro che non ci sia render che tenga, ma sicuramente da una mano! Uno dei traguardi più alti, nel vero senso del termine, è rubare anche solo per un secondo un’emozione: rimaner incantati da ciò che vedi (render o animazione), restare anche solo 10 minuti davanti a un’immagine (contati sono tanti!) perché questa ti ha catturato, il tuo cervello cerca l’errore, la macchia, ma non ci riesce. Obiettivo assai arduo perché per raggiungerlo non bisogna sbagliare nulla (almeno nella mia visione pignola delle cose) , dal bilanciamento dell’immagine, alla giusta selezione delle tonalità, alla scelta del contesto e di tutto ciò che sta “oltre” al progetto. Oppure si può abbandonare questa visione perfezionistica della materia e puntare sullo scherzo e l’autoironia, infatti è possibile anche “giocare” con l’immagine, scegliere un editing più leggero e simpatico, rubando così un sorriso alla platea. Se chi guarda è di buon umore apprezzerà più di buon grado ciò che avete fatto (non è una legge scritta, ma per esperienza è una verità sacrosanta!). Per raggiungere risultati di elevatà qualità non bisogna fare nessun corso, nessuna scuola specialistica o aver doni in particolare, vi servono solo tre cose: allenamento, passione e una licenza di Adobe Photoshop (vostro prossimo miglior amico).
Nient’altro, guardatevi attorno, studiate e osservate attentamente il paesaggio che vi circonda, che prima di ogni altra cosa è il vostro miglior insegnante.
Testo di lucapedrielli, pubblicato Mercoledì 04 Febbraio 2015 at 10:57 pm.
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